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CEREALI: QUALI VARIETÀ COLTIVEREMO DOMANI?
La ricerca genomica del CREA incontra gli stakeholder alla presenza del Sottosegretario delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Gian Marco Centinaio
Sostenibilità, resilienza ai cambiamenti climatici e sicurezza alimentare da un lato, competitività, produttività e redditività dall’altro, da applicare ai cereali, coltura alla base della nostra alimentazione. Di questo si è discusso oggi, 5 novembre, in occasione del convegno Quali varietà coltiveremo domani? Cereali: la ricerca genomica del CREA incontra gli stakeholder, un momento di confronto tra il mondo della ricerca e quello produttivo, promosso dal CREA, con il suo Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica, alla presenza del Sottosegretario delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Gian Marco Centinaio.
Il contesto. Per mantenere la produttività e la qualità dei prodotti italiani, la cerealicoltura deve rimanere al passo con il riscaldamento del clima, percepibile già oggi: temperature più elevate, infatti, anticipano il ciclo vegetativo, comportano un maggior utilizzo di acqua e favoriscono il manifestarsi di nuovi patogeni, che potranno sempre meno essere controllati con input chimici, viste le disposizioni del New Green Deal (-20% dell’utilizzo dei fertilizzanti e -50% di quello dei fitofarmaci entro il 2030). Pertanto, le varietà attuali, o quelle del passato, non rappresentano certamente le opzioni migliori per il futuro. Dovranno invece essere selezionate nuove varietà in grado di resistere alle malattie e che comportino minori input chimici e maggiore efficienza nell’uso dell’acqua e del suolo.
La genomica è l’insieme delle conoscenze che stanno alla base del lavoro di miglioramento genetico e selezione varietale. Le conoscenze derivanti dal sequenziamento dei genomi, infatti, consentono di capire quali geni sono utili al miglioramento e come i geni esprimono i caratteri nei diversi contesti ambientali; le nuove biotecnologie sostenibili, inoltre, permettono di modificare e di ampliare la biodiversità, facendo evolvere cioè nuovi caratteri che non si ritrovano nella biodiversità esistente oppure trovando le migliori combinazioni di geni per permettere alle piante di adattarsi alle condizioni climatiche future e di essere coltivate con il minor impatto ambientale possibile. Tutto ciò si traduce, infine, grazie alla collaborazione con le industrie, nella realizzazione di nuove varietà.
Il contributo del CREA. L’Italia è riuscita a ricavarsi un importante ruolo nella ricerca genomica di frumento duro e tenero, orzo e riso. Il CREA, in particolare, ha coordinato l’iniziativa internazionale per il sequenziamento del genoma del frumento duro, partecipa a diversi progetti internazionali per la caratterizzazione della biodiversità dei cereali, coordina BIOTECH, il progetto nazionale sulle biotecnologie sostenibili (genome editing e cisgenesi) conserva un vasto patrimonio di biodiversità agraria e collabora con le industrie private nella selezione genetica.
Nel passato l’Italia è stata all’avanguardia nel miglioramento genetico dei cereali, e oggi è fondamentale rilanciare la ricerca nel settore perché la sfida che abbiamo davanti ha una dimensione strategica non essere protagonisti della selezione varietale oggi significa lasciare ad altri i “semi” che sono alla base della nostra agricoltura.
Il punto di vista delle Istituzioni. “In questo momento c'è una grande attenzione sui cereali e in particolare sul grano – ha evidenziato il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio –. Per andare incontro alle esigenze del settore occorre trovare una via italiana, e il Crea può giocare un ruolo da protagonista. Chi fa politica e amministra la cosa pubblica non dovrebbe aver paura della scienza per non ripetere sbagli commessi in passato, come nel caso degli Ogm. Dal legislatore ci si aspettano risposte, soprattutto ora. Davanti alle sfide che pone il cambiamento climatico non possiamo permetterci tempi troppo lunghi. Credo che l'obiettivo debba essere quello di mettere i nostri ricercatori nella condizione di vedere concretizzati in campo i risultati del lavoro fatto in laboratorio. Non vorrei che in futuro fossimo costretti a importare dall'estero, senza aver permesso loro di poter applicare le loro ricerche, così da tutelare anche il mondo agricolo e la nostra biodiversità. Dal PNRR arriveranno importanti opportunità che dobbiamo saper cogliere”, ha concluso Centinaio.
a cura di Micaela Conterio 335 84584589