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Fragilità e resilienza dei sistemi olivicoli tradizionali dell’Appennino
Fragilità e resilienza dei sistemi olivicoli tradizionali dell’Appennino: è il tema portante del convegno organizzato dall’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio, che si tiene venerdì 9 giugno a Casoli, con due interventi del CREA: “L’olivicoltura tradizionale nelle regioni vocate dell’Italia centro-meridionale: caratteristiche strutturali, evoluzione e linee di intervento per il rilancio produttivo”, a cura di Maria Rosaria Pupo D’Andrea e Antonio Giampaolo del Centro Politiche e Bioeconomia; e “Interventi straordinari per la riforma e la rigenerazione vegeto-produttiva degli oliveti tradizionali e paesaggistici", a cura di Enrico Maria Lodolini del Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura.
L’auspicio è che il confronto tra scienziati, tecnici, operatori economici ed Istituzioni pubbliche possa fornire utili indicazioni e spunti per individuare un percorso di rilancio e di ammodernamento dell’olivicoltura tradizionale, altrimenti destinata ad essere marginale dal punto di vista economico.
“L’olivicoltura italiana presenta ampi margini di miglioramento" - riferiscono Maria Rosaria Pupo D’Andrea e Antonio Giampaolo: "Si possono raggiungere risultati positivi in termini di capacità produttiva, con volumi crescenti di olive e di olio prodotti ogni anno, attenuando anche il ben noto e deleterio fenomeno della eccessiva alternanza produttiva. Anche le performance economiche delle imprese olivicole sono suscettibili di miglioramento, con margini di reddito più elevati. Occorre, tuttavia, puntare sulla qualità, anche per effetto dell’ampio potenziale di crescita della quota di consumi degli olii ad indicazione geografica (DOP e IGP)”. “Inoltre - sottolineano i ricercatori CREA - si deve tenere conto che la PAC ha riformulato il sostegno al settore puntando decisamente sul ruolo delle Organizzazioni di produttori per rafforzare la posizione degli olivicoltori nella catena del valore. Dal punto di vista strutturale, infine, un ruolo rilevante lo giocheranno le Regioni con le scelte fatte nell'ambito degli interventi per lo sviluppo rurale”.
L’obiettivo dell’iniziativa è, infatti, quello di fornire alle Istituzioni, alle organizzazioni economiche ed alle imprese, elementi conoscitivi utili per contrastare il fenomeno dell’abbandono che, in certi territori, ha raggiunto livelli allarmanti. Il convegno ha una valenza nazionale in quanto la problematica interessa quasi tutte le regioni italiane, con particolare riferimento a quelle del Centro e del Sud.
La riforma della Politica agricola comune (PAC 2023-2027) con gli eco-schemi e l’architettura verde, la Farm to Fork con la spinta verso i sistemi produttivi sostenibili ed il PNRR con misure di sostegno specifico alle imprese, possono senz’altro innescare un percorso virtuoso.
Nello stesso tempo, le dinamiche del mercato, con crescente sensibilità ed interesse verso la qualità e la distintività delle produzioni agiscono come elemento di supporto e creano un contesto favorevole ad una nuova e moderna imprenditorialità olivicola-olearia.
Il convegno rappresenta l’occasione per una ricognizione sullo stato e sulle prospettive della filiera olivicolo olearia italiana che continua a perdere terreno nei confronti dei competitori a livello internazionale. Negli anni ‘70 in nostro Paese era il primo produttore al mondo. Secondo i dati 2022, l’Italia occupa la terza posizione all’interno dell’Unione europea come produttore di olio d’oliva: con 240.000 tonnellate, è preceduto dalla Grecia (330.000) e dalla Spagna (680.000).
Se il campo di osservazione si allarga a livello internazionale, la situazione peggiora e l’Italia scivola al quarto posto, dopo la Turchia che, nel 2022, ha registrato una produzione di 275.000 tonnellate. In prospettiva, considerando gli ingenti investimenti nel settore olivicolo di Tunisia, Marocco e Portogallo, l’Italia potrebbe perdere ulteriori posizioni in un settore nel quale ha ricoperto da sempre un ruolo di assoluta eccellenza.
Il tasso di autoapprovvigionamento dell'Italia nel 2022 ha raggiunto il minimo storico, in quanto la produzione nazionale ha coperto appena il 48,2% del consumo. Le importazioni hanno raggiunto il massimo storico di 2,2 miliardi di euro e si sono attestate ad un livello superiore al valore delle esportazioni che sono state pari a 1,9 miliardi di euro.
Il convegno affronta le problematiche e le opportunità dei sistemi produttivi caratterizzati da spinta frammentazione fondiaria, da localizzazione prevalente in aree diverse dalla pianura irrigua, da un elevato valore paesaggistico ed ambientale e composti prevalentemente da varietà autoctone. Questi oliveti sono in genere a media o bassa produttività e sono spesso coltivati con pratiche di minima lavorazione e soggetti al rischio di abbandono.
La sfida da affrontare, nel medio e lungo periodo, è pertanto quella di creare le condizioni per la diffusione sul territorio di modelli aziendali di successo, sfruttando le opportunità fornite dalla presenza di abbondanti superfici olivicole e con un patrimonio di varietà tradizionali ad alto valore commerciale.
Il programma prevede anche una sessione pomeridiana dalle 15,00 alle 17,30 con visita presso l’Azienda Agricola Agriflorio di Alberto Di Florio, Via Guarenna, 60 (Contrada Guarenna) – 66043 Casoli (Chieti) per attività dimostrative e per il confronto tra tecnici ed operatori.
È possibile partecipare, previa compilazione del modulo allegato, da inoltrare a andulivo@virgilio.it entro e non oltre il 31 maggio p.v.
antonio.giampaolo@crea.gov.it; mrosaria.pupodandrea@crea.gov.it; enricomaria.lodolini@crea.gov.it; giuseppina.crisponi@crea.gov.it